Nato nella cittadina trentina il 24 marzo 1928, Nino Castellani aveva cominciato a gareggiare giovanissimo mettendo subito in luce doti velocistiche. Le sue qualità non erano sfuggite all’attento occhio di Francesco Laverda, il fondatore della Casa di Breganze, e fu un passo naturale proporgli un contratto da pilota e collaudatore.
Castellani, forse perchè minuto fisicamente, prediligeva le moto di piccola cilindrata, le cosidette motoleggere, con le quali si permetteva fare di tutto. Aveva un’abilità fuori comune nel domarle sfruttandone a fondo la piccola cavalleria di cui disponevano. Fu proprio con una piccolina, vale a dire una Laverda di appena 75 cc, che nel 1952 s’impose nella Milanto-Taranto, la più lunga e difficile maratona motociclistica su strada, alla media di oltre 75 chilometri orari. L’anno prima aveva partecipato per la prima volta alla competizione classificandosi quinto. Meglio di lui aveva fatto il compagno di marca Renato Apolloni che lo anticipò sotto lo striscione d’arrivo posto in viale Virgilio, davanti al mastodontico Palazzo del Governo, di 3’10”. Nel 1952 Nino stette ininterrottamente in sella più di diciotto ore, con brevissime soste solo per il rifornimento, comando del gas sempre al massimo. Quasi quattro in meno rispetto a dodici mesi prima, portando la media da 64,180 a 76,432 Km/h. Un incremento incredibile, pensando alle strade dell’epoca e ai motori in uso. Quello della Laverda era un quattro tempi ad aste e bilancieri, capace, in condizioni d’uso normali, di percorrere oltre 60 chilometri con un litro di benzina.
A Foggia, quando al traguardo mancavo ormai poco più di cento chilometri, il comm. Laverda, che lo attendeva al punto di assistenza, gli raccomandò di mantenere il comando, senza tuttavia prendere rischi inutili. “Se vinci – gli disse – potrò assumere altri cinquanta operai”. All’epoca le competizioni rappresentavano uno straordinario veicolo promozionale e un successo nella gara più famosa del mondo avrebbe significato raddoppiare le vendite. Cosa che, puntualmente, si verificò. Nino Castellani vinse e Laverda allargò i capannoni. Oltre ai ricchi premi messi in palio dagli organizzatori, il trentino si trovò fra le mani anche un grosso assegno firmato da Francesco Laverda che da solo valeva come un anno di ingaggio. Un riconoscimento extra che il fondatore dell’azienda elargiva con generosità, senza farlo trapelare, ai suoi piloti più bravi.
Il centauro corse ancora qualche anno, prima di ritirarsi definitivamente a Riva per gestire un albergo che aumentava di stanze mano a mano che intascava i premi per le vittorie che coglieva. Ritornava spesso e volentieri a Breganze per mettere a disposizione dei piloti che gli erano subentrati la sua esperienza e nel paese dei “torresani” era di casa, amato, stimato e benvoluto da tutti. E anche negli ultimi anni non mancava mai di fare una capatina per salutare gli amici in occasione dei raduni Laverda.
Col passare degli anni la passione per la moto non venne mai meno. Nel 2012 e nel 2013 partecipò alla rievocazione storica della Milano-Taranto, sciroppandosi come fosse una facile passeggiata, duemila chilometri in sei tappe, dall’Idroscalo sino alla città dei Due Mari, ingegnandosi anche a riparare la moto in caso di necessità. Pinza, fil di ferro, una chiave da tredici e per lui non c’erano problemi. Nel luglio del 2012, durante un controllo orario a Predappio, trovò ad attenderlo Genunzio Silvagni, il pilota romagnolo che aveva preso il suo posto alla Laverda quando aveva lasciato le corse. Baci, abbracci e ricordi a vagonate.
Nino Castellani è mancato lunedì 8 dicembre a Riva del Garda. Era stato, con Apolloni e Marchi, uno dei primi piloti ufficiali della Laverda, all’inizio degli anni Cinquanta quando l’Italia, lenite le ferite provocate dalla guerra, timidamente risorgeva e partiva la motorizzazione di massa. I funerali di Nino si sono svolti nella chiesa principale di Riva del Garda, salutato da centinaia di amici e appassionati.