Scrivere della Mita è difficile almeno quanto raccontare di un ristorante stellato o della scalata di una montagna. Troppi sono gli aspetti da affrontare tantissime le emozioni da dover descrivere. Il rischio è quello di cadere in luoghi comuni usando frasi fatte, tecnicismi o retorica che, soprattutto nella MITA, è sicuramente fuori Luogo.
Molto più facile è parlarne con chi, almeno una volta, l’ha vissuta; quelli che “hanno preso la pillola rossa”.
Ovvio non parlo di qualche miracoloso farmaco ma richiamo alla memoria una scena ormai epica del film MATRIX in cui, presa la pillola rossa, si vede la “vera “realtà.
Ecco, con la pillola rossa si entra a far parte della “setta” Milano Taranto. Setta o club certamente esclusivo, insomma un gruppo di motociclisti che hanno lingua, leggi e ritualità in comune.
Nella Mita tutti, all’avvicinarsi del fatidico giorno fanno la manutenzione ai propri mezzi in maniera ormai rituale, tutti hanno gli stessi pensieri e tutti, come i salmoni in autunno, hanno ormai la vita scandita dalla prima settimana di luglio, ma soprattutto, nella Mita si parla il linguaggio delle “frecce”.
Chi girando per l’Italia, non ha mai rivisto una vecchia freccia?
Essendo della “setta” ormai l’occhio cade subito lì. Quei piccoli e invisibili segni che all’inizio non c’erano. Non si vedevano, poi d’incanto imparata la “lingua segreta” sono il primo segno che si vede. Riti e tradizioni, dicevo, che rendono la manifestazione unica, irripetibile per la sua stessa essenza.
A chi non ha preso la famosa pillola, come spiegare cosa significa fare 1700km in una settimana partendo a mezzanotte dall’idroscalo? Senza autostrada, senza superstrada, con il caldo, la pioggia e soprattutto con moto storiche. Storiche si, certamente per blasone ma, anche e soprattutto, per criteri tecnici e progettuali ormai sorpassati e oggi improponibili.
Vista così, a chi non è della setta, potrebbe venire il dubbio che non ci sia nulla di bello.
Come trasmettere l’entusiasmo, le energie e la passione che si respira durante tutta la settimana?
Il sabato sera all’Idroscalo si inizia molto tesi, preoccupati che il mezzo o noi stessi non saremo all’altezza della manifestazione. Già dal secondo giorno, dopo la notturna le facce si rilassano, si entra in sincronia con il mezzo, con i ritmi della manifestazione ma soprattutto con noi stessi e quei silenziosi concorrenti dell’idroscalo si trasformano nel festoso ed effervescente gruppo che è la Mita.
Tutto è amplificato ed esaltato dall’effetto traino che il Circo “Milano Taranto” rappresenta.
Uno spaccato crudo e democratico di vita in cui dal primo concorrente all’ultimo dello staff condividono il caldo, il traffico, i chilometri, la pioggia, la stanchezza, le riparazioni fatte per strada o la notte in albergo, l’ansia del Controllo Orario.
Ok, ma soprattutto la condivisione dei paesaggi, dei provvidenziali ristori, della strada fatta in compagnia dei vecchi e nuovi partecipanti, il fresco quando si percorre una strada alberata, l’assistenza discreta ma onnipresente, la certezza di essere sul tracciato, di aver finito la tappa senza penalità, l’accoglienza calorosa della gente per strada o nei paesi.
Sono le stesse condivise avversità a rendere unica la Mita. Fino all’arrivo sul lungo mare Virgilio, non si possono archiviare. È per questo che l’Arrivo, ma soprattutto “essere arrivati”, ha un significato catartico: aver raggiunto l’obiettivo.
È l’intima e forte certezza di avercela fatta.
La Mita rende possibile quello che sarebbe impossibile, esorcizza i problemi e le preoccupazioni di un viaggio del genere, rendendolo alla portata di tanti.
