Di Mauro Peruffo #69
È passato un po’ di tempo da luglio scorso, ma solo ora mi sono deciso a scrivere due righe sull’esperienza avuta alla MiTa, giusto anche per ravvivare i ricordi e stimolare lo spirito, in vista ormai dell’imminente inverno, ricordando invece, con mal celata nostalgia, quanto caldo abbiamo sopportato lungo tutto il tragitto.
È la mia settima MiTa in cui ho partecipato e, tranne qualche semplice sporadico post, non ho mai scritto nulla sulla mia partecipazione. Quest’anno invece ho deciso di descrivere la mia esperienza e condividerla con tutti voi.
La MiTa odierna è una rievocazione storica per moto d’epoca, una gara che si svolgeva fino al 1957 su strade (dell’epoca !!!) aperte al traffico. Le moto vocate alla partecipazione sono, moto ante ’60, moto ormai ultrasettantenni che, rombano comunque, ma con il limite della tecnologia degli anni ’50.
È quindi opportuno pensare e/o prevedere all’assistenza e manutenzione sia prima, che durante la manifestazione. Da un paio d’anni mi appoggio al gruppo dei “Centauri Veneti” per l’organizzazione e assistenza in corsa. Un gruppo di motocilisti d’annata, con la passione delle moto d’epoca, che organizzano sapientemente la manifestazione, con le prenotazioni per terni, aerei e assistenza con meccanico al seguito.
La preparazione della MiTa va quindi pianificata prima dell’evento, già fin dalla primavera, e non può essere affrontata con leggerezza o improvvisazione, pena il rischio di non riuscire ad arrivare a Taranto
La moto, con cui partecipo già da due anni, è una MV 175 CSS del 1954, detta anche “Disco Volante” per la forma del serbatoio, e per affrontare l’avventura, perché di questo si tratta, deve essere preparata curata e coccolata come una bambina. È bene verificare il consumo d’olio e benzina, la condizione della candela, la carburazione, eseguire quindi la normale manutenzione, e fare qualche Km (possibilmente di durata simile alle tappe della MiTa) per monitorarne il comportamento all’uso in gara.
Non solo; la prima tappa è in notturna devi quindi controllare l’impianto elettrico: la batteria, le luci, lo stop ed il clacson, che tutto funzioni correttamente altrimenti non passi la verifica dei commissari e, per evidenti motivi di sicurezza, non partecipi alla gara
Nonostante queste attenzioni nel corso di queste uscite, preliminari alla MiTa, monitorati costantemente rumori e tintinnii strani, in due occasioni diverse, ho bruciato una candela e rotto il filo dell’acceleratore (per fortuna, tutto aggiustato con il materiale che sempre mi porto al seguito)
Arriva l’ultimo week-end di giugno. Ultima possibilità di fare delle ulteriori uscite di prova dopodiché non c’è più tempo per dubbi o perplessità. Il dado è tratto. La moto deve essere apposto, quello che si è fatto finora è stato fatto e il sabato successivo bisogna caricare le moto sul furgone.
Arrivammo sabato 6 luglio, primo imprevisto … Dopo aver caricato le moto, armi e bagagli, viene annunciato lo sciopero dei treni. Si fa qualche ragionamento, e per arrivare alla partenza della MiTa, optiamo per un pulmino.
La domenica, appuntamento da Claudio. Dopo mezzogiorno si parte, stile gita scolastica, tra “frizzi e lazzi”, alla volta di Novegro.

Ecco la fiera di Novegro, nota a molti di noi anche per le mostre scambio, frequentate alla spasmodica ricerca di ricambi spesso introvabili, sede di partenza della rievocazione storica.
Si respira subito l’atmosfera frizzante e allegra che caratterizza la MiTa; si reincontrano vecchi amici e concorrenti delle passate edizioni e subito si crea un clima di convivialità che ci accompagnerà tutta la settimana.
Consegnati i bagagli si effettuano le operazioni di rito; verifica moto, accreditamento e ritiro pass, pieno di benzina e, per i più competitivi, prove pratiche di CO e PS per famigliarizzare con la tecnica
Evase le incombenze, resta l’attesa della partenza, ingannata con una cena presso una trattoria del luogo. Nel mentre, il diavolo ci mette la coda: durante la cena arrivano degli scrosci di pioggia anche molto intensi che minacciato la serata: le previsioni danno leggera pioggerella ma …
Rientrati a Novegro il tempo sembra si sia calmato, mancano ancora un paio d’ore alla partenza, ma lampi e tuoni si sentono ancora in lontananza
H 00:27 Finalmente si parte e, come da rito, la partenza è a spinta …


Io e Claudio partiamo fiduciosi nel tempo (non indossiamo l’antiacqua) ma appena passato l’idroscalo, comincia una leggera pioggerella che ci accompagna fortunatamente solo per una decina di Km, ed a Crema non piove più. Proseguiamo con molta attenzione perché il maltempo ci precede, non piove, ma la strada è viscida e scivolosa.
Arriviamo a Ciliverghe verso le 3,30. La notte fonda è passata alla fioca luce del fanale aiutata da due lampade a led ausiliarie. Ma la batteria del “Disco” ha detto STOP e la moto non vuol saper di accendersi … neanche a spinta!!!
Carichiamo la moto sul furgone di Ivone (meccanico dei “Centauri Veneti”) e proseguiamo lungo il percorso in attesa di un orario decente per telefonare alla ricerca di, un negozio, un’officina, una rivendita, per una batteria 6V. Verso le 7,30 arrivati a Lendinara, chiamo e trovo ad Argenta un rivenditore di batteria poco lontano da piazza Garibaldi. Perfetto. Acquistato la batteria, al CO di Argenta, Ivone la monta, e la moto torma a ruggire. Arrivo a Villanova in moto pronta per la tappa successiva, ma ormai la classifica di gara è già andata…
La mattina del martedì si presenta con un sole splendente e cielo terso, che ci accompagnerà tutta la settimana. La tappa prevede Bologna – Assisi e così, dopo pochi Km, si presentano gli appennini con le prime salite da valicare. A Modigliana in visita il museo Parilla, mi accorgo che il clacson è appeso solo ai cavi elettrici …Poco importa. Lo stacco e lo metto nello zaino.
Si prosegue, e si continua a salire verso Alfero e le sorgenti del Tevere. La moto arranca ma va’, con l’orecchio sempre teso a qualche strano rumore che potrebbe venire dal motore.
Attraversiamo boschi di cerri e faggi, “gallerie” folte di castagneti e abetaie che nascondono il cielo, e favorita dall’altimetria (siano attorno a 1000 mt), rendono il clima piacevole alla guida, ideale a perdersi ad ammirare il paesaggio che scorre alla vista. In tale estasi quasi fiabesca si perde la cognizione del tempo, ma i rimbrotti del mio compagno di viaggio Claudio, mi riportano alla realtà, c’è da camminare e i CO da rispettare.
Scollinato, il “Disco” prende fiato, il motore comincia a girare meglio, e in un continuo saliscendi si arriva a Pietralunga (nota per i Tartufi) fino poi a spianare verso Santa Maria degli Angeli e Assisi.
Arrivati in Hotel la prima cosa da fare, ancor prima di ritirare i bagagli e fare il check-in, è la manutenzione della moto, e verifica di eventuali noie avuta nella giornata. Come un rito quasi religioso, quotidianamente si eseguono il controllo e rabbocco dell’olio, il controllo della candela, il controllo e lubrificazione della catena, il controllo e serraggio delle viti e bulloni che nella giornata potrebbero essersi allentate, e una spolveratina e pulizia generale che il “Disco” ne ha il diritto.
La sera prima di cena, mi arriva la brutta notizia della morte improvvisa di un famigliare. La tentazione di abbandonare è forte, il dolore anche. Le telefonate a casa si susseguono, ma visti anche le disdette che si dovrebbero dare (aerei, treni, bagagli e moto da recuperare) con il groppo in gola, decido di proseguire la manifestazione.
Nella 3° tappa da Assisi ad Ascoli è previsto il passaggio per Castelluccio di Norcia. Con il pieno di benzina fatto la sera prima si parte spediti per il primo controllo orario di Grutti. Sotto la torre di Piazza Umberto I ad accoglierci troviamo le autorità comunali, gli sbandieratori in maschere medioevali e soprattutto la famosa Porchetta. Squisita!!! Bevute un paio di bottiglietta d’acqua per ristorarci dal sole caliente, nonostante sia solo mattina, si prosegue per il prossimo CO di Visso, nella val Nerina.
Le strade, che a volte sono tortuose e piene di buche, sono normalmente strade secondarie e non sono mai tanto trafficate ma ci portano lungo villaggi e vallate caratteristici, testimoni di un Italia bella tutta.
La salita che ci porta a Castelluccio è irta, e la moto ne denuncia la fatica, ma la stupenda veduta della spianata arrivati in quota (1550 mt) è indimenticabile. Non siamo stati fortunati perché la stagione ha fatto sì che il clou della fioritura sia avvenuto a fine giugno, ma la visione è magnifica e ne approfitto per fare un paio di foto.


Ora fino ad Ascoli è tutta discesa, una cinquantina di Km per arrivare in piazza Arringo dove ad accoglierci troviamo il vespa club locale, che ha organizzato il buffet, le famose olive ascolane e la crema fritta gentilmente offerte dall’organizzazione. L’hotel è a 15 km ma la tappa è finita e in scioltezza si arriva all’ albergo per il giusto ristoro di piloti e mezzi.
Dopo i soliti controlli e rifornimenti fatti la sera prima, si parte per la 4° tappa in programma da Colli del Tronto a Frosolone 275 Km. Il tempo è sereno e si prevede una giornata calda. In un continuo susseguirsi di salite e discese, di curve e controcurve, attraversando colline e distese di ulivi, arriviamo a Notaresco; facciamo la PS (che è sempre un terno al lotto tagliare la fotocellula a quel millesimo di secondo, come prescritto nella scheda) e proseguiamo verso sud alla volta di Alanno.
Anche qui ad Alanno, come tutti i ristori trovati lungo il precorso, sono sempre ben forniti con tantissime specialità locali, ben organizzati dalle varie Pro Loco, Moto Club, Coldiretti che sia, intenti a ristorare tutta la carovana dalla MiTa; e ci riescono molto bene !!!. Qui siamo stati allietati da un bravo Fisarmonicista che ci ha fatto da colonna sonora per tutto il tempo del ristoro.
Si riparte e si inizia a salire verso il parco naturale della Maiella e passo san Leonardo (1280 mt). Ad un certo punto lungo la salita la moto d’improvviso inizia a balbettare e perdere colpi fino a spegnersi completamente … Panico. Sono solo, lungo la strada assolata (Claudio era già andato avanti), in mezzo al bosco, lontano da case o paesi, e non vedo nessuno che possa aiutarmi. Mentre sto facendo questi pensieri mi affianca il furgone di Ivone.
Hai problemi mi chiede.
Si rispondo, la moto si è spenta.
Fermati a destra mi dice, che vediamo
Ivone capisce subito che la candela è “andata”. Smontata, la candela era nera e imbrattata, anche perché il motore mangia un può di olio. Al seguito ne ho una di scorta, così la cambiamo e dopo un paio di spedalate vigorose di Ivone, la moto torna a rombare.
Solo, riparto con molta circospezione, attento al buon funzionamento del motore. Proseguo la salita per il passo san Leonardo e Roccaraso. Arrivato in cima, la vista che si apre sull’altipiano è stupenda, e perdersi ad ammirare il paesaggio ammaliati è un attimo, ma non c’è tempo, son in ritardo e devo camminare


Prima di arrivare a Castel di Sangro la moto comincia a vibrare, prima leggermente poi sempre più vigorosamente, e al CO contatto Ivone. Con grande perizia Ivone controlla, e vede che il serbatoio è allentato per la rottura di un paio di gommini; quindi, decide di rimpiazzarli con due rondelle, e mi dice: vai…!!!
Al ristoro ritrovo Claudio parliamo degli imprevisti avvenuti e guardando la moto mi accorgo che lo scarico è lento. Oh, ca..o !!! Ivone è già partito. Facciamo il CO e poi controlliamo. Mi accorgo che la ghiera del collettore di scarico e lenta; quindi, con una pinza e un cacciavite (attrezzi che ho sempre con me) riesco a serrarla e ripartire.
Nonostante questi imprevisti riesco ad arrivare a fine tappa di Frosolone, ma stasera in hotel, a Campobasso, ho del bel lavoro da fare. Giunto all’ Hotel San Giorgio dopo le consuete manutenzioni, da una vecchia camera d’aria (portatami per ogni evenienza) ritaglio con una forbice qualche gommino, da posizionare sotto il serbatoio così da pervenire ogni ulteriore vibrazione fastidiosa. Controllo tutti i serraggi delle viti compreso la ghiera del collettore, rimpiazzo la candela usata con una nuova, registro e lubrifico la catena, una pulizia generale ed il “Disco” è tornato come nuovo pronto alla prossima tappa.
Venerdì 12 luglio 5° Tappa Campobasso – Potenza. Si parte, ci aspettano 265 km. Gli imprevisti del giorno prima sembrano risolti, e proseguiamo tranquilli lungo il percorso. Le strade però sono brutte e maltenute piene di buche e dossi che rendono l’andare difficoltoso e poco fluido.
La tappa oggi è molto impegnativa, è un susseguirsi di curve e controcurve salite e discese tra il Molise la Campania e la Basilicata, con le altimetrie che sembrano montagne russe, giusto per farci ricordare che la MiTa è anche questo, stress fatica e sfida.
Appena dopo il CO, ancora all’interno dell’abitato di Grottaminarda, il cambio della moto decide di dare problemi. Non riesco più a cambiare. Sono fermo. Chiamo Ivone, che nel frattempo era andato avanti, gli invio la posizione e attendo il suo arrivo. Purtroppo, non si può fare nulla dice, e carichiamo la moto sul furgone. La 5° tappa per me finisce qui, e in albergo a Potenza arrivo da passeggero a bordo del furgone stesso, in cui trovo lo sfortunato Alberto che ha rotto la moto già il primo giorno …!!!
Scaricata la moto, con l’aiuto di Ivone verifichiamo che il problema è la rottura del millerighe in due pezzi, del bilanciere del cambio.
Qua ci vuole Mario, sentenzia Ivone…
Mario (meccanico assistenza MiTa) non è ancora arrivato (per fortuna alloggia al nostro Hotel), lo attendo con impazienza e gli espongo il problema. Ok saldiamo dice, e vediamo se poi funziona.
Prima di cena mi ritrovo il bilanciere saldato, sul sellino della moto. Chiamo Ivone che mi aiuti a rimontare la leva sul cambio e provo a fare qualche giro sul piazzale del Hotel. Perfetto; sembra che tutto funzioni, riesco a cambiare e scalare senza problemi. L’ultima tappa è salva; domattina riesco a partire !!!
Sabato 13 luglio 6° e ultima tappa da Potenza a Taranto 250 km. Partiamo consapevoli che la MiTa volge al termine e le moto denunciano la fatica della maratona, ma ci aspetta ancora una lunga galoppata fino a Taranto.
La moto, dopo le riparazioni della sera prima, sembra che vada bene, e comunque uso il cambio con molta attenzione e delicatezza. La strada che, ancora una volta, malridotta e piena di buche, scorre tra boschi e bionde distese di grano da poco tagliato, prelude all’arrivo della Puglia. All’orizzonte si intravedono già le grandi pale eoliche poste sui crinali che caratterizzano comunque il territorio.
Passato il CO di Irsina si segue per Sammichele di Bari. Scendendo di quota il clima torrido, si fa subito sentire. I campi gialli a perdita d’occhio, i muretti a secco che costeggiamo la strada e la campagna arsa dal sole, rendono il panorama aspro e affascinante.
Sammichele di Bari ci accoglie verso mezzogiorno nella sua piazza principale. Le misere piantine che troviamo nella piazza non riescono a creare delle ombre degne del proprio nome. Siamo tutti ammassati a trovare ristoro, all’interno dei locali, o all’ombra nei vicoli, o per i più temerari, sotto i gazebi preposti alla degustazione delle varie specialità locali.
Rifocillati, abbandoniamo la torrida piazza, per Villa Castelli, ultima PS in vista di Taranto. Le frecce, sapientemente posizionate, che ci hanno accompagnato per tutta la settimana, ci portano lungo la bellissima Valle d’Itria ad Alberobello. I trulli, che ci appaiono lungo la strada, sono spesso circondati da muretti a secco e distese di ulivi, ulteriore cartolina da imprimere nella memoria.
“Siiii viaggiare, dolcemente senza strappi al motore, evitando le buche più dure …” così canticchio mentre maledico la manutenzione delle strade di molte provincie del nostro amato Mezzogiorno.
A Villa Castelli la sorpresa di trovare Vito Ciracì arzillo novantenne a bordo del suo Guzzi, storico partecipante della “vera” MiTa (nel 1953 e 1955), testimone vivente di un’epoca passata e di un’impresa motoristica, questa sì, eroica.
Il municipio ci apre le sue porte e accoglie il ricco buffet nella sua hall, offrendo fresco ristoro per piloti e accompagnatori, al riparo del clima torrido della giornata. L’ultima a PS, questa volta a sorpresa, è di 7 mt (e non 5 mt come le solite precedenti), scombussola tutti i riferimenti per i piloti in gara, soprattutto quelli che lottano per la classifica, ultimo sfizio voluto dall’organizzazione per dare pepe alla sfida.
Taranto ci aspetta mancano una trentina di Km; fino a un paio d’anni fa si percorreva la strada ammassati e scortati dalle staffette e dalla polizia. Adesso la corsa è libera, e ogniuno arriva sul lungomare di Taranto con il proprio andare, prima di lasciarci sfrecciare per l’ultimo km fino alla Rotonda lungomare Vittorio Emanuele III.
La MiTa è finita io e Claudio tagliamo il traguardo a mani alzate, le nostre moto ce l’hanno fatta. Ora si può festeggiare, nella piazza c’è di tutto: le auto storiche delle Forze dell’Ordine, la fanfara dei Bersaglierei di corsa, gli stand allestiti dai Vespa Club, Lambretta Club, Coldiretti e del Comune di Taranto. Nel frattempo, in piazza faccio punzonare il mio “Disco” a testimonianza della partecipazione alla maratona.




E poi è tutta una festa, con foto ricordo, il bacio alla “bimba”, festeggiamenti e ringraziamenti, interrotta solo dal richiamo all’ordine di Massimo, che ricorda che c’è da caricare il furgone con le moto e i bagagli prima di cena.




La sera all’Hotel Salina la cena di gala tutti assieme, con la comunicazione delle classifiche finali (che, per lo spirito competitivo dei piloti creano sempre discussioni), le premiazioni, il ritiro dei gadget e gli arrivederci alla prossima edizione.
Domenica giorno del rientro, ultima colazione prevista dal programnmna della MiTa. Il furgone, con Ivone, Claudio e il “prezioso carico”, è gia partito all’alba, noi bighelloniano in hotel in attesa della navetta per l’aereoporto e il volo per Venezia, prima di chiudere definitivamente l’esperienza dalla 37^ edizione della MiTa.
E alla fine dopo queste righe, che vi ho costretto a leggere (spero non noiose), volevo fare un plauso agli organizzatori, e soprattutto alla famiglia Sabatini, per come hanno organizzato la manifestazione; alle staffette ed ai frecciatori per l’assistenza lungo il percorso sempre impeccabili, al servizio bagagli che ci hanno fatto trovare sempre puntualmente le valigie nel giusto Hotel, a Mario per l’assistenza meccanica, ed infine ai medici e infermieri che, con l’ambulaza al seguito, ci hanno garantito l’assistenza medica. Un lavoro svolto, perfetto sotto tutti i punti di vista, che con serietà e buon senso, ha permesso di vivere a me, ma penso anche a tutti i partecipanti, un’esperienza unica, e sempre diversa dalle precedenti, ma dalle emozoni forti.
Un ringraziamento inoltre ai ”Centauri Veneti”, che senza di loro probabilmente non avrei partecipato, per la loro accoglienza diponibilità e leggerezza, hanno contrubuito a rendere la settimana serena e gioviale, assieme alle nostre amatissime moto.
Un saluto a tutti voi, un grazie e alla prossima …!!!